"Spesso accade che le mani 
sappiano svelare un segreto 
intorno a cui l’intelletto 
si affanna inutilmente

C. G. Jung

La Terapia del Gioco della Sabbia (Sand play therapy) è un metodo psicoterapeutico che si avvale della concezione junghiana della psiche e fu ideata da un’allieva di Jung, Dora Kalff, prendendo spunto dal “gioco del mondo” di M. Lowenfeld. Essa nasce dall'osservazione della potenzialità terapeutica che il giocare ha per la psiche, un giocare che permette l’attivazione della fantasia creativa nella vita mentale dell’uomo.

Lo stesso Jung enfatizza il ruolo creativo del gioco e dell’immaginazione tanto da dire che spesso quello che non riesce a dire la voce possono dirlo le mani al suo posto; l’attitudine immaginativa  produce uno stato psichico nel quale il paziente sperimenta uno stato di fluidità mentale che è quello che permette di essere flessibili di fronte agli accadimenti della propria vita, tanto esterna quanto interna.

La terapia del Gioco della Sabbia permette appunto di recuperare questa attitudine; essa si svolge mediante l’utilizzo di una cassetta di dimensioni stabilite riempita di sabbia, all’interno della quale è possibile creare immagini e scenari utilizzando numerosi oggetti in miniatura. All’interno della cassetta della sabbia si mettono in moto profonde energie inconsce, energie che permettono di raggiungere una trasformazione psichica profonda attraverso il "vivere" le immagini create, la contemplazione dello scenario e soprattutto la creazione dello stesso attraverso il movimento delle mani. La trasformazione di cui si parla è relativa all’integrazione tra i vissuti della realtà interiore e della realtà esterna e, soprattutto, tra conscio ed inconscio.

 

I materiali

Gli oggetti

Oltre ad una cassetta di sabbia con il fondo blu sono presenti scaffali nei quali sono ordinate diverse miniature divise per categorie: esseri umani, animali, elementi paesaggistici, case e altri tipi di edifici, mezzi di trasporto (di terra, d’aria e d’acqua) e svariati tipi di oggetti generici.

La sabbia

La Kalff considerava la sabbia un materiale curativo, dotata di una spiccata plasticità e morbidezza, che può provocare sensazioni diversissime a seconda di come viene utilizzata, se bagnata o asciutta, se più o meno bagnata. L’aspetto più importante di questo materiale è che può rappresentare un elemento di “origine”, la madre terra; in questo senso può ricordare l’esperienza fatta del corpo materno e delle cure materne. Essendo concreta può essere vissuta come “corpo” e attraverso la manipolazione parlare del rapporto con la propria fisicità e con le proprie emozioni profonde.

 

Lo spazio libero e protetto

I limiti posti dalle dimensioni della sabbiera agiscono come fattori di coordinazione e contenimento, all’interno dei quali è possibile muoversi con la massima libertà; questa limitazione è estremamente importante perché un processo di trasformazione psichica e di cura può avvenire solo in spazi contenuti.

La cura viene vista come la possibilità di integrare parti scisse della personalità affinchè ogni attitudine ed ogni capacità possano collaborare in modo dinamico e contribuire al cambiamento ed al raggiungimento del benessere psicofisico. Solo riunendosi, infatti, possono dare origine ad un nuovo contenuto della personalità che crea il cambiamento di atteggiamento. Questo nuovo contenuto viene espresso come simbolo, come elemento coordinatore che raccoglie in sé le parti in conflitto all’interno di se stessi.

Queste diverse parti della personalità possono essere espresse perché “viste” e “riconosciute” negli oggetti e nelle forme rappresentate nello scenario nella sabbia ed il contenitore/cassetta agisce da elemento ordinatore; in altri termini la cassetta serve per contenere le parti di sé affinchè non sfuggano e possano congiungersi fra loro, creando piano piano una struttura armonica e fluida, maggiormente capace di resistere perché più adattabile.

Lo spazio della sabbiera è quindi, oltre che libero, protetto dall’impulsività che tende alla disorganizzazione ed alla fuga; rappresenta una frustrazione “sana” che si oppone alla realizzazione di tendenze onnipotenti che verrebbero soddisfatte ed agite anzitempo se lo spazio fosse illimitato, togliendo energia all’elaborazione di una nuova struttura di personalità.

In questo senso attraverso l’esperienza e l’elaborazione positiva della frustrazione si esce dal proprio egocentrismo rigido (che può provocare blocchi psicologici e sintomi di sofferenza) per muoversi in nuove direzioni che portano all’integrazione del mondo interno e di quello esterno, del conscio con l’inconscio, verso una integrazione della personalità che esce dai conflitti e dalle difficoltà per raggiungere un nuovo e più vero adattamento alla vita.

 

Montecchi F., Giocando con la sabbia, Franco Angeli, Milano, 1993

 

 

SAND PLAY THERAPY NELLA TERAPIA DEL BAMBINO

 

SAND PLAY THERAPY NELLA TERAPIA DELL’ADULTO


Per approfondimenti è possibile collegarsi ai seguenti siti:

AISPT: sito ufficiale dell'Associazione Italiana Sand Play Therapy

ISST: sito ufficiale dell'Associazione Internazionale Sand Play Therapy

LAI: sito del Laboratorio Analitico delle Immagini


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