Il primo anno di vita

il primo anno rappresenta il primo cambiamento in assoluto il bambino vive; è molto importante in particolare perché in questo periodo egli inizia la scoperta del mondo e di se stesso, e lo fa tramite il suo corpo e quello della madre in relazione. Per il bambino di 1 anno le attività più importanti sono appunto legate alla madre, l’allattamento, l’essere tenuto in braccio, l’essere avvolto dallo sguardo materno; attraverso queste attività gli passa l’idea che il mondo sia più o meno rassicurante e piacevole.

 

La nascita

è questa la prima fase di cambiamento che il bambino incontra; si viene a trovare in un contesto estraneo a quello che aveva conosciuto. Conosce già rumori e voci ed anche la luce, che già percepiva nella pancia, ma ora li percepisce in modo più intenso, senza mediazioni, e questa è una fonte di stress, anche se perfettamente affrontabile dai suoi organi di senso.

Questo momento rappresenta anche una fase di distacco per la madre, che vive una esperienza di lutto che elaborerà tramite la depressione post partum; in questo momento è importante che entrambi, madre e bambino, recuperino il rapporto di vicinanza adattandosi alla nuova situazione.

 

Fase orale

Questa fase caratterizza tutto il primo anno dello sviluppo ed imperniata sull’allattamento.

Prendere il latte per il bambino, oltre ad essere un modo per soddisfare il primo impulso vitale della fame, è un modo per ricongiungersi con la madre, ritrovare quel senso di unità perso con la nascita in cui non sono presenti limiti né confini.

Ancora, oltre a questo, l’allattamento è anche la prima forma di relazione che il bambino intreccia con il mondo circostante (pur non essendone ancora consapevole) e quindi l’organo ad esso deputato, la bocca, diventa un organo non solo di soddisfazione di un bisogno ma anche e soprattutto un organo di conoscenza; attraverso la bocca il bambino impara a conoscere le cose, ne sente la forma, la consistenza, il gusto. Il mangiare diventa un modo per conoscere il mondo e comunicare con esso; da un lato il bambino si apre al cibo e dall’altro si apre al mondo.

La fame diventa un organizzatore della mente perché tramite l’allattamento e la suzione il bambino comincia a strutturare una seppur minima idea di sé e della propria identità e tramite l’esperienza dell’allattamento egli sperimenta l’impulso a mettere dentro di sé le cose buone ed a buttare fuori ciò che è cattivo tramite i rigurgiti; questa modalità diventerà la futura capacità di distinguere il buono ed il cattivo dalle esperienze prendendo per sé il primo e rifiutando il secondo.

Attraverso la bocca gli aspetti fisico, psichico e cognitivo sono unificati, questa fase rappresenta l’origine unificata dei futuri processi emotivi e di apprendimento.

è proprio in questa fase che nasce la fiducia in sé stesso; quando il bambino ha fame si accorge che arriva il latte e la madre con il suo caldo abbraccio ed è come se pensasse che il suo desiderio riesce a far diventare reali le cose, a creare la madre, e questo vissuto si trasformerà nella fiducia di base verso la propria capacità creativa, tanto verso se stesso quanto verso il mondo.

All’interno di questo stadio oltre all’allattamento in sé sono presenti ancora due esperienze fondamentali, l’essere tenuto e contenuto nell’abbraccio della madre e l’esperienza dello sguardo materno


Il sentirsi tenuto tra le braccia permette di ristabilire il contatto originario, uterino, in una forma più evoluta, attraverso il contatto di pelle il bambino si sente unito alla madre ma nello stesso tempo separato; il contatto cutaneo dà l’idea di essere contenuto all’interno di qualcosa o qualcuno diverso da sé ma diminuisce lo stress da separazione provocato dalla nascita.

Attraverso il contatto si stabilisce la coscienza di un sé corporeo unitario; dato che i muscoli del bambino non sono ancora abbastanza sviluppati è la madre a dare forma al suo corpo tramite il suo abbraccio.

Questo dare forma non ha però solo un risvolto corporeo, il tenere in braccio corrisponde ad un tenere nella mente, ad un sostenere i disagi che il bambino prova di fronte agli stimoli fisici anche dolorosi che prova e non conosce. La funzione di contenimento materno passa dal corpo alla mente; come il bambino non è capace di sostenersi fisicamente e deve farlo la madre per lui, così il bambino non è capace di resistere alle sensazioni fisiche di bisogno, anche dolorose, che prova e deve farlo la madre per lui. è la madre che deve reagire con tranquillità, passandola così al bambino, di fronte ai suoi bisogni impellenti; un bambino non è capace di capire che la sensazione di fame non lo annienterà nel frattempo che attende di essere allattato, la madre si. In questo caso il bambino reagirà con dolore e rabbia che esprimerà a livello di scariche neurovegetative del corpo, con contorcimenti, pianti disperati, pugni e graffi alla madre quando inizia ad allattarlo (in questa fase emergono anche le pulsioni aggressive di fronte alle più piccole attese)  queste angosce corporee possono essere contenute solo dalla madre con la sua capacità di rassicurare che non è successo niente e che quel dolore che egli prova può essere sopportato, in sintesi, la madre non diventa a sua volta un bambino spaventato.

Così facendo le angosce diminuiscono e da schegge impazzite e pericolose diventano occasioni di crescita creando le basi per la futura capacità di gestire le proprie paure e di saper resistere di fronte alle difficoltà.

 

Altra esperienza fondamentale è quella dello sguardo; attraverso di esso passano le emozioni che coinvolgono il rapporto madre bambino, è attraverso lo sguardo che passa la rassicurazione materna, e sempre attraverso lo sguardo il bambino si rispecchia e si riconosce negli occhi della madre, in esso vede riflesse le sue emozioni e comincia a riconoscersi.  Da questa esperienza deriva il sentimento di sentirsi riconosciuti, amati ed apprezzati, sensazioni che poi resteranno per la vita.

Oltre ai comportamenti che attua la madre verso il suo bambino durante il primo anno ci sono dei comportamenti del bambino stesso che sono come degli indicatori del fatto che ha raggiunto alcune importanti competenze: il primo sorriso e la paura dell’estraneo.

 

Il primo sorriso si manifesta intorno ai tre mesi; anche prima sorrideva ogni tanto ma si trattava di stiramenti dei muscoli che erano privi di intenzione, ora sorride perché riconosce il viso della madre come significativo. Nei primi due mesi il bambino percepisce le parti del volto che vede di fronte a se ma le vede separatamente l’una dall’altra; è appunto verso i tre mesi che riesce ad abbinare i principali tratti del volto, gli occhi il naso e la bocca, in un unico disegno che rivela il volto della madre. Quindi con il primo sorriso intenzionale il bimbo comunica alla madre che riconosce il suo viso ed è contento di vederla.

 

La paura dell’estraneo si manifesta intorno agli otto mesi e si caratterizza come reazione di paura verso volti sconosciuti. Fino ad ora il bambino reagiva col sorriso di fronte al  volto umano in generale, all’insieme occhi-naso-bocca, una sorta di riconoscimento specie specifico; ora non più, tra i 3 e gli 8 mesi ha iniziato a riconoscere le caratteristiche della madre e del padre, dei loro specifici volti, e quando davanti a lui compare il volto di qualcun altro il bambino prova angoscia. Questa paura indica che ora sa distinguere il volto delle persone che ama, il comparire di un volto estraneo si connette con l’allontanarsi dei volti familiari e crea una specie di paura di abbandono.

L’esperienza della paura dell’estraneo è il primo passo verso la curiosità, ora che il bambino sa che esistono cose diverse da quelle che lui vede ogni giorno ed il sapere che ora c’è qualcosa, il mondo, al di fuori di lui e dei suoi genitori ( e che questo mondo non è familiare e può spaventare) è pronto per iniziare ad esplorarlo.

Questa fase si conclude con la crisi dello svezzamento.

Bibliografia

Vegetti Finzi, S., A piccoli passi, 1997, Oscar Mondadori,Milano

Vallorani, M.G., Fare i genitori, 2007, Armando, Roma


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