LA GENITORIALITA

L’essere genitori comporta la capacità di manifestare comportamenti di cura e protezione verso il proprio figlio; è una funzione autonoma che può esprimersi in contesti anche diversi dalla sola famiglia. La principale caratteristica è la capacità di sintonizzazione affettiva con il bambino; la capacità di realizzare una buona sintonizzazione è legata al rapporto che i genitori hanno avuto a loro volta con la propria madre ed il proprio padre. La genitorialità, la capacità di sintonizzazione, le rappresentazioni dei genitori sono alla base dello stile di attaccamento con i propri figli.

 

Innanzitutto va detto che la genitorialità è una funzione autonoma, ossia essa è preesistente al reale concepimento di un figlio di cui ne è solo una forma di espressione; infatti entra in gioco in diverse situazioni della vita attraverso la capacità propria dell’individuo di prendersi cura e di proteggere chiunque, in questo senso la si può riconoscere nei lavori che portano ad aiutare gli altri.

La sua formazione nell’essere umano si può osservare già nel secondo anno di vita quando il bambino per esempio cerca di imboccare la mamma e da qui in poi la si può osservare nel gioco, tanto da soli quanto nel gioco fra pari.

Da questi esempi è possibile individuare alcune delle caratteristiche di questa funzione:

  • il piacere di provvedere agli altri,
  • la capacità di riconoscere i desideri degli altri,
  • conoscere il loro funzionamento corporeo,
  • la capacità di cambiamento

quindi, se il bambino imbocca la mamma lo fa perché inizia a percepire che anche lei può avere dei desideri come i suoi, che se mangia si sente bene, che vivrà uno stato di cambiamento tra fame e sazietà.

 

La genitorialità nella relazione adulto bambino è flessibile, si evolve nel tempo, per esempio una madre può accudire con sensibilità e senza problemi un figlio di 3 mesi ma non riuscire ad essere ugualmente sensibile verso un figlio di 12 mesi che inizia a voler essere autonomo e mangiare da solo facendo diversi disastri.

Nello stesso tempo un genitore può essere capace perfettamente di occuparsi di un figlio di un anno ma trovare grandi difficoltà a rapportarsi con lui ad un’età diversa.

Quest’ultima evidenza si spiega col fatto che ogni genitore porta dentro di sé, anche se non coscientemente, i vissuti di figlio, le sue esperienze di rapporto con i suoi stessi genitori; in questo caso l’educazione di un bambino può andare liscia fino al punto in cui non raggiunge un’età che è la stessa in cui il genitore ha vissuto delle difficoltà nel rapporto con uno dei suoi genitori; se per esempio ha trovato difficoltà nella separazione dall’ambiente familiare per andare a scuola può avere problemi nell’affrontare le angosce del figlio relative all’andare a scuola.

Questo stesso fatto però è alla base della capacità di compartecipazione allo stato affettivo del figlio, della capacità di entrare nell’esperienza del bambino e condividerla con lui.

 

La sintonizzazione affettiva

La possibilità, per il genitore, di portare dentro di sé le esperienze e le emozioni della sua infanzia va a realizzare quella che viene chiamata sintonizzazione affettiva, ossia quel particolare aspetto della relazione adulto-bambino che consiste nell’eseguire comportamenti che esprimono una qualità di condivisione con il figlio: non si tratta di pura imitazione ma appunto di compartecipazione.

La semplice imitazione non va a cambiare nulla all’interno del rapporto, ciò che fa il bambino il genitore lo copierebbe uguale; la sintonizzazione comporta un entrare nel comportamento, cercare di comprenderlo, di viverlo in pieno, in questo modo il bambino si trova restituito dal genitore il suo stesso sentire ma leggermente diverso, da qui egli può rispondere in modo differente, con un comportamento simile a quello iniziale ma leggermente differente e così, tra piccoli aggiustamenti, si crea una vera e propria relazione dinamica fra genitore e figlio, non una semplice e vuota (non compresa) imitazione. Solo in questo modo si va a creare una corrispondenza fra gli stati interni, emotivi dei due partner e si realizza un rapporto profondo.

Per il bambino sviluppare questa capacità a sua volta è  fondamentale, essa è alla base della capacità di stabilire dei rapporti significativi in futuro, alla capacità di comprendere le emozioni degli altri e sintonizzarsi con esse.

 

Le emozioni

A volte per un genitore può essere difficile accettare alcuni tipi di emozioni e quindi può essere altrettanto difficoltoso accettarle (o addirittura riconoscerle) nel proprio figlio. In genere in questo caso si parla di emozioni negative come la rabbia, il senso di impotenza, l’ansia, un genere di emozioni che molto spesso non ci si sente in diritto di provare. A questo punto una possibile via di uscita può essere quella di rimuoverle o addirittura falsificarle; il risultato è che l’emozione disturbante viene rimossa dalla coscienza ma resta nell’inconscio, in quella parte della nostra personalità che esiste ma che non vediamo (o non vogliamo vedere).

Questo però ai fini educativi può risultare dannoso perché tutte queste emozioni sono in realtà necessarie nella vita. Per esempio nell’educazione di un figlio il senso di impotenza può essere quello  che fa prendere tempo prima di dare una risposta sbagliata al bisogno del bambino a causa della troppa ansia, oppure una certa aggressività (intesa come capacità di far valere il proprio punto di vista) è necessaria nel momento in cui il figlio deve iniziare a rispettare le prime regole, e così via.

Ma ancora di più, nel momento in cui il bambino crescerà esso stesso potrebbe reagire in due modi alla rimozione di un’emozione: rimuovendola a sua volta oppure agire in opposizione e dimostrarla alla massima potenza (potrebbe diventare aggressivo fino all’insensibilità se la famiglia rimuove l’aggressività).

La sintonizzazione affettiva ed il riconoscimento delle emozioni portano, in concomitanza, alla strutturazione dei modelli operativi.

 

Modelli operativi interni

Con questi termini si intendono le rappresentazioni di se stessi e delle relazioni con gli altri che ognuno ha, si strutturano in base alle relazioni precoci che ognuno ha stabilito con le figure di accudimento della propria infanzia, ossia con i propri genitori. Questo significa che il rapporto che il genitore stabilisce con il proprio figlio è influenzato dal rapporto che egli stesso ha avuto da piccolo con i suoi genitori.

I modelli operativi contengono al loro interno diverse rappresentazioni mentali:

  • rappresentazione delle relazioni interpersonali, ossia l’idea generale di quanto sia possibile aspettarsi ed ottenere affetto, cura e protezione nelle relazioni con gli altri;
  • rappresentazione dell’altro in relazione, ossia quanto gli altri entrando in relazione con noi si aspetteranno affetto, cure e protezione;
  • rappresentazione di sé in relazione, ossia l’idea che ognuno ha di se stesso all’interno delle relazioni, di quanto sia degno di ricevere affetto, cura e protezione.

In base alle rappresentazioni ognuno stabilisce la qualità, più o meno positiva, delle relazioni con gli altri; quanta cura e protezione può ricevere, quanto amore può ricevere e dare.

 

Il legame di attaccamento

Le rappresentazioni sono alla base del cosiddetto modello di attaccamento del bambino verso i genitori ed in seguito verso le varie persone importanti che incontrerà nella vita. Ciò significa che ognuno si aspetta di ricevere e dare agli altri in base a quello che ha vissuto nella propria infanzia relativamente al rapporto con i genitori e che riproporrà questa modalità nella propria vita.

 

La qualità del legame di attaccamento tra il bambino ed il genitore dipenderà da molti fattori ma in particolare dalla qualità delle relazioni  tra i due che sono connesse con la capacità del bambino di ricercare protezione ed affetto e dalle modalità con cui l’adulto fornisce cure e protezione.

Così è possibile definire il legame di attaccamento come un aspetto specifico della relazione fra adulto e bambino connesso con il mantenimento e la regolazione della sicurezza, della protezione e dell’accudimento; il rapporto della diade genitore bambino differisce quindi da ogni altra diade in base alle modalità di richiesta di protezione da parte del figlio e per le modalità di risposta del genitore.

 

In sintesi il bambino non può essere compreso se non all’interno delle relazioni con i propri genitori.

 

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