L’esistenza della depressione o della maniacalità nel bambino è un argomento
piuttosto controverso; se infatti da un lato il tono dell’umore depresso è
spesso riscontrabile nell’infanzia, dall’altro è anche vero che il vissuto
depressivo è un elemento che spesso si
presenta come elemento proprio di alcuni periodi dello sviluppo, per
esempio in quei momenti in cui si manifesta la separazione dagli affetti
principali.
In ogni caso nel
bambino, come per l’ansia, si tratta di un vissuto emotivo che si esprime in
genere tramite agitazione psicomotoria o altri sintomi di tipo somatico.
Depressione normale
Un vissuto
depressivo nel bambino è normale in certi periodi, in particolare nei momenti in cui deve rendersi autonomo e
separarsi dalle sicurezze che gli vengono dal rapporto con la madre o dalla
famiglia. In genere viene individuata un’età tra il secondo ed il terzo anno di vita, momento in cui, appunto,
il bambino prende coscienza della sua esistenza
separata dai genitori, della sua individuazione come elemento singolo e
della perdita del senso di onnipotenza
(vedi anche il Primo anno di vita
e Dai
2 ai 3 anni). Il momento depressivo corrisponde a questo doppio movimento
di relativa delusione verso la madre e di migliore percezione della propria
individualità e anche, contemporaneamente, della propria debolezza. Si tratta
dunque di un momento normale dello sviluppo del bambino connotato da
inquietudine e momenti depressivi.
Dalla normalità alla patologia
A questo punto è
necessario parlare della depressione come reazione
al vissuto di perdita della figura di attaccamento; secondo Bowlby l’età
più sensibile si situa tra il 5 mese ed i 3 anni durante la quale si nota, dopo
una separazione lunga dai genitori, una specifica sequenza comportamentale
durante la quale il bambino raggiunge una fase di depressione come ultima forma
di difesa all’abbandono. Bowlby specifica comunque che non bisogna considerare
così strettamente legate separazione e depressione,
quest’ultima infatti non è che una delle
possibili reazioni.
Spesso infatti il
bambino ad un abbandono, ad una separazione, soprattutto se breve, reagisce più
che altro con rabbia, agitazione e
protesta; la depressione vera e
propria non è altro che l’ultima spiaggia possibile per evitare il senso di
impotenza di fronte alla sofferenza fisica o psichica.
In questo modo va
ad esprimere la perdita di un senso di benessere provato precedentemente in
relazione al proprio oggetto di attaccamento.
La perdita della
figura di attaccamento principale, di uno o entrambi i genitori quindi, causa
una concomitante perdita di benessere e secondariamente uno stato di
sofferenza.
Oltre a questo la
reazione depressiva è anche intimamente legata all’aggressività non espressa; lo stato di sofferenza suscita
infatti una collera intensa che quando non può essere riversata accresce il
sentimento di impotenza e rinfocola la reazione depressiva (questo nel tempo
può creare l’idea che la propria aggressività abbia allontanato la figura di
riferimento, può quindi generare senso
di colpa e di indegnità che possono condurre alla depressione dell’adulto).
EPISODIO DEPRESSIVO
NEL BAMBINO
MALATTIA DEPRESSIVA
NEL BAMBINO
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