All’interno di questa categoria sono trattate anoressia nervosa e bulimia. L’area di disagio è rappresentata dal rapporto con il cibo che finisce per dare le caratteristiche del rapporto con il mondo più in generale; avviene quindi un ritorno di quella che è la classica equazione del primo anno di vita madre=cibo=mondo.

Caratteristica di entrambe sono l’alterata percezione del peso e dell’immagine corporea.

 

Anoressia nervosa

Questo disturbo è una ricerca morbosa della magrezza, collegata con la paura di ingrassare; il peso è mantenuto sotto quello che è il limite minimo. Un ulteriore elemento è la presenza di amenorrea, ossia, l’assenza di almeno tre cicli mestruali consecutive; l’alterata percezione del corpo si manifesta nel vedersi ancora troppo grassi nonostante si sia sotto il minimo di peso.

Normalmente nello sviluppo del disturbo anoressico viene considerato fondamentale il rapporto con la madre.

Facendo una equazione: cibo = madre si pensa che alla base ci sia il rifiuto del rapporto con il materno che appare prendersi cura più di sè che del bambino; in altre parole sembra che le madri delle anoressiche manifestino una forte ansia verso il loro “essere madre” e quindi l’accudimento sembra essere in funzione dei propri bisogni di sicurezza che in funzione di quelli del bambino.

Il bambino finisce per sentirsi solo un pezzo di mamma piuttosto che un individuo a sè stante con i propri bisogni e può sviluppare quello che viene chiamato “falso Sè”, un insieme di atteggiamenti volti a compiacere I genitori; spesso infatti le anoressiche sono state le cosiddette “brave bambine”.

È su queste basi che si innesta il bisturbo, che viene utilizzato dall’anoressica per stabilire il senso di sè, per sentirsi un individuo separato.

Per fare questo è necessario abbandonare il corpo che viene ancora percepito come “proprietà” della madre e per farlo lo si “affama”, lo si rende più leggero e meno presente, e si effettua uno sbilanciamento dell’attenzione verso lo sviluppo dell’intelligenza (una parte già di per sè “leggera” e staccata dalla terra).

In qualche modo affamando il corpo la persona anoressica non fa che affamare la madre ed attaccarla aggressivamente come se volesse impedirle di crescere dentro di lei tramite la crescita del corpo.

La madre con l’anoressia viene “fatta fuori” ed è in questo aspetto del disturbo che si può leggere il tentativo di far fuori anche il mondo, l’anoressica si manifesta spesso come molto controllante e fredda, intellettuale, con emozioni congelate, che tende ad evitare relazioni profondamente coinvolgenti; nel suo tentativo di trovare una sua forma diventa una persona fondamentalmente sola.

A questo punto l’equazione cibo=madre si trasforma in una equazione cibo=mondo.

L’anoressica rifiuta  il cibo/mondo per evitare di esserne invasa ma sotto sotto sa anche che non c’è possibilità di crescita senza il confronto col mondo in cui si vive, inconsciamente sa che confrontandosi solo con sè stessa non evolverà, e quindi il nodo sembra risiedere in quella che è una profonda avidità di amore.

Non avendo ricevuto un amore vero e disinteressato ma solo amore in base a quanto si adeguava alle aspettative genitoriali, l’anoressica ne è veramente affamata,il problema è che questa fame non è controllabile e rischia di riportarla sotto il controllo della famiglia, ed è per questo che l’avidità si trasforma nel suo contrario, la fantasia di una totale autosufficienza.

Ovviamente l’attacco alla madre si configura come attacco al “materno” più in generale, e per materno si può intendere quello che è l’ambiente familiare primario, anzi oggi è necessario iniziare a parlare in questi termini, perchè il problema non è rappresentato esclusivamente dalle inadeguatezze della madre ma dalle inadeguatezze di tutto il sistema familiare di origine.

Le famiglie delle anoressiche infatti tendono ad essere invischiate ed invischianti, prive di confini fra i vari componeneti, esiste “la famiglia” ma rischiano di non esistere i singoli componenti della famiglia.

E qui c’è l’ulteriore problema, di fronte ad una figura materna che non permette di separarsi non compare l’aiuto della figura paterna; spesso i padri tendono ad abbandonare la figlia anoressica nel momento in cui si prospetta la necessità di un sostegno ed una partecipazione affettivamente troppo forte; tendono ad essere padri svincolati dal rapporto.

L’anoressia quindi, in via generale, si configura come tentativo, anche se patologico, di cercare la propria “personale forma” tanto mentale quanto fisica e di potersi mostrare per quello che si è.

 

Bulimia nervosa

è possibili effettuare una distinzione rispetto all’anoressia; il peso corporeo, nel caso della bulimia viene mantenuto più o meno normale, sono presenti oscillazzioni fra abbuffate e condotte di eliminazione uso di diuretici o lassativi per espellere il cibo oppure veri e propri digiuni.

Spesso può succedere che dall’anoressia si passi alla bulimia mentre è molto più raro il contrario.

Nella bulimia sono maggiormente presenti altri disturbi di personalità; la condotta bulimica si manifesta come una sorta di “abitudine  concomitante con qualunque tipo di disturbo.

 

Anoressia e bulimia rappresentano comunque due facce della stessa medaglia; l’origine è la stessa ma sono diverse le modalità tramite le quali si manifesta il disagio (come avviene anche nella depressione e nella mania ).

Il problema alla base è sempre la separazione dalla madre (o dall’ambiente “materno” familiare”), la differenza è che:

  • l’anoressica ha in qualche modo deciso fermamente di separarsi;
  • la bulimica oscilla fra il desiderio di separazione e quello di fusione con la madre.

In questo senso le condotte di eliminazione del cibo sono legate simbolicamente alla separazione mentre le abbuffate al desiderio di attaccamento fusionale.

Se invece si vuole vedere nel cibo l’identificazione con la madre le abbuffate possono far pensare al desiderio di mettere dentro di sè la parte “buona” della madre, viceversa le condotte di eliminazione come un modo per espellere da sè gli aspetti “cattivi”.

 

Anche la stessa famiglia di origine sembra presentare la stessa modalità, pare che le famiglie di persone bulimiche si caratterizzino per il tentativo di dare una immagine “buona” nascondendo gli aspetti che potrebbero produrre imbarazzo; anzi in questo senso la bulimica può diventare il capro espiatorio in cui mettere tutto il “cattivo” familiare, a differenza dell’anoressica che da piccola è stata spesso fatta portabandiera delle capacità migliori della sua famiglia.

L’anoressica presenta un Io (brevemente; sistema che permette di regolare gli impulsi per renderli accettabili a sè stessi ed al mondo esterno) più forte, è maggiormente volitiva, capace di prendere decisioni e mantenerle; dalla sua ha anche un Super-Io (in breve; insieme delle proprie regole, il sistema giudicante) molto meglio funzionante che le permette di mantenere il suo proposito.

La bulimica si presenta quindi in generale più fragile ed impulsiva e quindi meno decisa e più ambigua, sotto tutti gli aspetti, non solo nel rapporto con il cibo, ma anche nei confronti della sessualità e dell’uso di sostanze.

In sintesi la bulimica, a differenza dell’anoressica, non ha ancora deciso se il cibo è una cosa buona o cattiva, non sa se può farne a meno anche perchè prova un senso di vuoto interno così forte (legato alla paura della separazione vista come abbandono) che non può fare a meno di colmare il prima possibile.

 

Aspetti culturali e sociali

I disturbi dell’alimentazione sembrano essere emblematici della nostra epoca ed in particolare della nostra cultura.

Le persone che ne sono affette sono spessissimo appartenenti ai paesi occidentali, in genere con una buona posizione sociale e un adeguato livello di istruzione.

È chiaro che anche la cultura dell’apparire e del benessere che oggi vige nella nostra società influisce sulla sempre maggior diffusione di questi disturbi che oggi appaiono quasi normali; infatti, al di là dei casi conclamati la grande attenzione al corpo ed al peso rappresentano quasi la prassi.

Dalla loro anche I mass-media bombardano con immagini di ragazze magre e giovanissime, tanto da creare un vero e proprio riferimento standard a questo tipo di bellezza.

  • L’ideale del controllo di sè e della riuscita a tutti i costi spingono in qualche modo verso uno stile di vita “anoressico”;
  • l’ideale consumistico e l’idea che il tempo può essere fermato e le regole non esistono si avvicina molto alle dinamiche di fondo  delle condotte bulimiche.

Di fronte a tutto questo diventa sempre più difficile individuare il proprio modello di esistenza personale, che non debba per forza adeguarsi a quelli presentati dalla cultura in auge.

Da qui a trovarci di fronte ad un modello di “madre società” il passo è breve.

Ed il problema sembra essere sempre lo stesso; tanto che si parli dell’individuo e della sua personalità, tanto che si parli della madre reale, tanto che si parli della madre famiglia, o della madre società, l’origine dei disturbi alimentari appare comunque come un problema del “punto di origine”, sia esso la madre, la famiglia o la propria cultura; un sintomo della difficoltà a trovare la propria strada alternativa a quella fornita da altri, dai punti di origine, di diventare individui singoli all’interno del gruppo, tanto familiare quanto sociale; il fatto che oggi i disturbi alimentari siano tanto diffusi sembra indicare quanto grande sia l’esigenza di trovare se stessi all’interno di una cultura familiare e sociale sempre più omologata ed omologante.



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